Giuseppe Tucci 1936
"Povere donne tibetane:graziose e sempre sorridenti quando sbocciano alla primavera della vita, a trent'anni sono già curve e disfatte: privazioni, lavoro, cibo scarso le fanno prematuramente sfiorire, e allora tutto quello che c'è di brutto e di ripugnante nei lineamenti mongoloidi viene in primo piano sulla loro maschera grinzosa. Ma finchè sono giovani godono del pochissimo che la vita può loro offrire su queste terre: allegre e spensierate, quasi consce del loro rapido trapassare. Di mariti quasi tutte ne hanno più di uno, perchè in Tibet vige ancora [il grassetto è mio] il costume della poliandria.
Una ragazza sposa non solo il suo fidanzato ma insieme con lui tutti quanti i suoi fratelli e, come se ciò non bastasse, può anche prendersi una specie di assistente, un marito più o meno legale che, essendo scelto per capriccio o per più o meno valide ragioni, finisce presto per diventare la persona più autorevole di questo strano regime familiare.
I figli, in mezzo a tanti padri, non sanno distinguerli che in rapporto all'età: e così essi sono gli unici al mondo ad avere un padre seniore e dei padri iuniori. Ma con tutto ciò una grande armonia regna in queste famiglie che non conoscono il tarlo della gelosia o il furore delle passioni. I mariti hanno i loro turni e si avvicendano con rassegnata sottomissione ai voleri della loro signora che di fatto gode di una grande autorità, accresciuta da quello spiccatissimo senso di economia e da quella naturale tendenza a dirigere, amministrare, comandare che è vivissima nelle donne tibetane. Così viva che quando i grandi dignitari prendono in appalto una provincia-in Tibet le province e le prefetture si prendono in appalto, come da noi la costruzione di un palazzo o di una strada- essi mandano quasi sempre la moglie a disbrigare il non facile ufficio, mente essi attendono ad altri negozi.
[tratto dal bel libro Il paese delle donne dai molti mariti edito dalla casa editrice Neri Pozza di Vicenza nel 2005 che raccoglie gli articoli scritti da Tucci nel corso degli anni sul Tibet e il Nepal, e che prende il nome da uno di essi, quello da cui ho tratto la citazione a pag.228 ]