"Parole come utopia e comune sono, oserei dire, ormai "fuori uso", comunque parole da usare con cautela, mi colpisce che tu le usi con grande disinvoltura, capisco che fanno parte del tuo bagaglio formativo e probabilmente non hai mai smesso di usarle da quando negli anni Settanta erano in voga, ideali di vita e tu eri giovane e vivevi l'esperienza delle comuni di Milano".
Sto intervistando Giovanna Foglia nella sua casa delle Sciare in provincia di Lecce. Giovanna è la co-fondatrice del Trust Nel nome della Donna [vedi post precedenti] con cui ha dato vita all'Associazione Nazionale L'Alveare che fa testa all'Aleveare-Casa delle Donne di Milano e di Lecce e finanzia altre realtà a Bologna, Roma, Cagliari.
Considerato il suo impegno e le sue realizzazioni a favore delle donne, l'intervista a Giovanna è il punto di partenza per libro-progetto sulle attiviste che oggi cercano di cambiare il mondo ognuna a modo suo. Nel corso dell'intervista-fiume ad un certo punto, l'interesse reciproco è virato su di un tema preciso: Giovanna parlava dell'utopia come di una cosa fattibile e alla portata di tutte.
"L'utopia è utopia per gli altri, non per te che te la fai! Questa è la grande cosa a cui nessuno pensa. Quando tu metti in atto il progetto in cui credi e lo realizzi, non è più utopia ma realtà per te che ci sei dentro e la vivi quotidianamente. Direi invece che oggi diventa importante, sopratutto per noi donne, mettere in atto, subito, le nostre utopie o sogni come si voglia chiamarli".
Esterno un dubbio a questo punto alla mia interlocutrice: "Giovanna stai intendendo che c'è una coincidenza tra le due cose?" Chiarifica " Io cerco sempre di fare un progetto che contenga un'utopia, ma la mia utopia è collettiva, include sempre le altre, non è un progetto che riguarda solo me come potrebbe invece essere un sogno, e non è nemmeno un'illusione proprio perchè è un progetto che include altre persone"
Delle parole di Giovanna m'è rimasto da allora questo senso di fattibilità, questa urgenza a mettere mano ai nostri progetti in grande scala, a non farci mettere all'angolo o scoraggiare dalla portata della nostra idealità. Mi ha comunicato un senso preciso di empowerment in perfetto stile femminista.
Sto intervistando Giovanna Foglia nella sua casa delle Sciare in provincia di Lecce. Giovanna è la co-fondatrice del Trust Nel nome della Donna [vedi post precedenti] con cui ha dato vita all'Associazione Nazionale L'Alveare che fa testa all'Aleveare-Casa delle Donne di Milano e di Lecce e finanzia altre realtà a Bologna, Roma, Cagliari.
Considerato il suo impegno e le sue realizzazioni a favore delle donne, l'intervista a Giovanna è il punto di partenza per libro-progetto sulle attiviste che oggi cercano di cambiare il mondo ognuna a modo suo. Nel corso dell'intervista-fiume ad un certo punto, l'interesse reciproco è virato su di un tema preciso: Giovanna parlava dell'utopia come di una cosa fattibile e alla portata di tutte.
"L'utopia è utopia per gli altri, non per te che te la fai! Questa è la grande cosa a cui nessuno pensa. Quando tu metti in atto il progetto in cui credi e lo realizzi, non è più utopia ma realtà per te che ci sei dentro e la vivi quotidianamente. Direi invece che oggi diventa importante, sopratutto per noi donne, mettere in atto, subito, le nostre utopie o sogni come si voglia chiamarli".
Esterno un dubbio a questo punto alla mia interlocutrice: "Giovanna stai intendendo che c'è una coincidenza tra le due cose?" Chiarifica " Io cerco sempre di fare un progetto che contenga un'utopia, ma la mia utopia è collettiva, include sempre le altre, non è un progetto che riguarda solo me come potrebbe invece essere un sogno, e non è nemmeno un'illusione proprio perchè è un progetto che include altre persone"
Delle parole di Giovanna m'è rimasto da allora questo senso di fattibilità, questa urgenza a mettere mano ai nostri progetti in grande scala, a non farci mettere all'angolo o scoraggiare dalla portata della nostra idealità. Mi ha comunicato un senso preciso di empowerment in perfetto stile femminista.