Skip to main content

Venti anni fa la corrispondente di guerra Marie Colvin viene insignita del premio per il coraggio nel giornalismo




Non conoscevo Marie Colvin prima di intervistare la reporter di guerra Barbara Schiavulli nella primavera del 2018. Lèssi di Marie cercando di documentarmi sulle donne che facevano questa professione, cercavo di capire perché una giovane donna volesse parlare della guerra. Addirittura rischiando la propria vita. Forse che non sappiamo che la guerra è una cosa bruttissima? L’ho capito ascoltando il discorso che diede a St Bride, una piccola chiesa a Londra nel cuore della City dove si tengono discorsi importanti; in quell’occasione si commemoravano i 49 giornalisti che avevano perso la vita facendo il loro lavoro. Era il novembre del 2010. Se non sbaglio fu il suo ultimo discorso pubblico dopo due anni venne uccisa in Siria nella città assediata di Homs dove i direttori di giornali impedivano ai loro corrispondenti di andare. Infatti era lì perché aveva molto insistito con il suo direttore; venne uccisa la notte stessa in cui aveva deciso di andarsene. Il discorso di Marie alla St Bride’s church ha per titolo “L’importanza di raccontare la guerra” . Marie aveva perso un occhio durante un imboscata -da allora portava una benda alla Moshe Dayan-mentre riferiva della guerriglia nel nord dello Sri Lanka, dopo di allora si era chiesta “vale la pena mettere a repentaglio la propria vita per raccontare una guerra?” La risposta è che se non ci fossero i cronisti della guerra non si conoscerebbe l’esatta entità di quello che accade e soprattutto nessuno darebbe voce ai civili le grandi vittime della guerra. Se non ci fossero i cronisti della guerra i dittatori la farebbero franca, nessuno verrebbe a conoscenza delle atrocità da loro commessi al proprio popolo come è successo in Siria appunto. E come succede è successo e probabilmente succederà in Afghanistan. 

Ora dopo aver seguito in questi anni le storie che Barbara Schiavulli ha scritto, i suoi reportage dall’Afghanistan, mi sono resa conto che le reporter di guerra come lei e come Laura Silvia Battaglia che ha seguito per anni la guerra dimenticata nello Yemen, hanno introdotto nel reportage di guerra una nuova narrativa. Il loro focus sulle donne, i bambini e in generale la popolazione civile, cioè le principali vittime della guerra, si traduce in storie che parlano di resilienza, voglia di vivere, di andare avanti, di non arrendersi. Barbara e Laura sono guidate da una visione nel fare il loro lavoro, nel cercare le storie che vogliono raccontare. Penso a loro come a delle rabdomanti che vanno setacciando i bordi delle strade a caccia di quel fiore che testardo è riuscito a farsi strada tra le crepe.




Popular posts from this blog

Contagio. Da Comiso a Non una di meno. Fiorella Carollo

Donna Reporter dal 2013  " Raccontare è una missione"  di Fiorella Carollo  “Possiamo coinvolgere di più attraverso le nostre storie piuttosto che attraverso le nostre opinioni o idee ” (dal sito di Wilpf) Contagio Da Comiso a Non una di meno Contro la militarizzazione e la guerra ___ Di Fiorella Carollo Rispondiamo alla propaganda di morte del patriarcato con la nostra agenda di vita! 🧞‍♀️ La mia inchiesta come giornalista Questa inchiesta è in linea con l’imperativo partito dell’assemblea nazionale di “Non una di meno” dell’aprile 2025 “Dobbiamo costruire una contro narrazione di pace e solidarietà”, opporci alle volontà di guerra della Comunità Europea e dei nostri governi.  All’agenda di morte voluta dal patriarcato, di cui le guerre sono solo la punta dell’iceberg, le donne pacifiste hanno contrapposto la loro agenda di vita .  Voglio qui document...

Ipocrisia dell’Europa: Bogotá 18 luglio - Europa 21 luglio 2025

  Il silenzio della Comunità Europea e l’aperto sostegno dell’America di Trump a Israele, è all’origine del GRUPPO DELL’AJA  un’alleanza di nove paesi dal Sud globale (Sudafrica, Malesya, Namibia, Colombia, Bolivia, Cile, Senegal, Honduras e Belize) costituita nel gennaio del 2025 per coordinare azioni diplomatiche ed economiche nei confronti del governo di Israele per porre fine alla sua impunità e restaurare la legge internazionale. “Il gruppo dell’Aja” ha indetto a Bogotà in Colombia una “Conferenza di emergenza degli Stati” dal 15 al 18 luglio dove si sono ritrovati 30 stati dall'Africa, dall'Asia, dall'Europa, così come dal nord e sud America, per non limitarsi alle parole di condanna verso Israele ma intraprendere un'azione collettiva  basata sulla legge internazionale. In quella che è stata definita la più ambiziosa azione multilaterale dall'inizio del genocidio di Gaza 21 mesi fa, una coalizione di Stati si è accordata per coordinare sei misure diplomatic...

Giovanna Foglia

UNA SCELTA DI VITA Quando conosci Giovanna Foglia e poi scopri che è del segno  dei Pesci, il segno dei mecenati nelle arti, dei benefattori, dei filantropi, allora tutto torna. Se poi ci aggiungi che è nata nel 1956, l'anno della Scimmia secondo il calendario cinese, che considera i nati sotto questo segno i più intelligenti e dotati negli affari, allora quello che ti racconta della sua vita, torna nel disegno delle stelle. Giovanna è una donna speciale che mette le molte energie, la fantasia, lo spirito pratico e sopratutto il suo cospicuo patrimonio al servizio della causa delle donne."Perchè?" le chiedo "da dove viene questa scelta?" la risposta non si fa attendere:"Perchè le donne sono quelle che hanno meno soldi e meno possibilità; a peggiorare le cose poi c'è l'invidia diffusa che ci mette l'una contro l'altra. Aiutare le donne è una scelta di campo ma in realtà significa aiutare la società intera a migliorare. Sono diventa...